Il contesto ambientale incide profondamente sulle performance dell’impresa in quanto determina il sistema dei vincoli e delle opportunità con il quale il management entra in relazione. I vincoli ambientali incidono in egual misura su tutti i competitor presenti in un dato territorio per questa ragione la differenza la fa "l'intelligenza organizzativa" e le capacità di imprenditori/imprenditrici e manager di influenzare le scelte degli attori presenti nell'ambiente in cui decidono di operare attraverso l'azione collettiva.
Foodora che chiude sul mercato italiano non lo fa perché tale mercato non
sia di interesse per il proprio business ma perché l’imprevedibilità delle
norme che vengono cambiate in itinere come ad esempio il “Decreto Dignità” del
Governo Lega-5Stelle rendono difficile se non impossibile la programmazione di
medio-lungo periodo. Probabilmente sono stati influenzati nella loro scelta anche
dalla campagna mediatica che ha accompagnato il dibattito in cui l’impresa è
stata demonizzata così come era già avvenuto con l’arrivo di UBER.
Sta nelle mani di imprenditori/imprenditrici e management la possibilità di scegliere un ambiente diverso, quando quello in cui l’impresa è inserita diviene troppo ostile (exit) ma sta sempre nelle loro mani anche la voice ed è questa seconda opzione che maggiormente mi interessa.
La dimensione ambientale (sociale, politica e culturale) è troppo importante per essere rimossa o sottovalutata: le condizioni ambientali possono decretarne la permanenza o l'allontanamento delle imprese in un dato contesto. E' sano l'ambiente in cui le condizioni ambientali sono il prodotto di una negoziazione in cui tutti gli attori economici, sociali e politici espongano un modo chiaro i propri obiettivi e i propri bisogni. Ed è proprio questo livello in cui le imprese si fanno sentire poco.
Non parlo di chiedere sussidi, parlo della creazione di condizioni adeguate per far sì che l'impresa possa svilupparsi e prosperare perchè solo quando le imprese prosperano c'è ricchezza da dividere, occupazione. Perseguire l’obiettivo di una impresa prospera è l’essenza della responsabilità sociale dell’impresa perché un’impresa prospera crea lavoro e benessere nell’ambiente in cui vive, crea valore sociale.
Ma quali sono gli aspetti sui quali si dovrebbe focalizzare l’azione collettiva delle imprese finalizzata a creare un ambiente friendly, in grado di risponder a più bisogni: quelli delle imprese e dei produttori in senso lato? A titolo esemplificativo alcuni ambiti d’azione (e di riflessione) per delineare i confini di un Campo Strategico d’azione collettiva:
- Cultura: per sostenere una cultura meritocratica per insegnanti e allievi nei processi formativi e una cultura della responsabilità e dell’impegno personale per i processi sociali.
- Leggi e norme: per semplificarle e snellirle, per permettere a chi fa impresa (e non solo) di avere delle certezze su cui fondare la programmazione della propria attività.
- Mercato del lavoro, flessibile in entrata e in uscita contemperando le problematiche che si possono determinare per chi si trova disoccupato, con un sistema che permetta il passaggio da lavoro a lavoro, utilizzando tutti coloro che percepiscono un sussidio di disoccupazione per i lavori socialmente utili.
- Amministrazione: velocizzazione ed efficienza per evitare alle imprese di perdere tempo e risorse.
- Sistema fiscale che incentivi l'imprenditore ad intraprendere il duro lavoro di coordinare risorse umane, tecnologie e finanziare e i lavoratori a sentirsi parte dell'impresa (chi crea valore deve essere riconosciuto socialmente ed economicamente).
- Contratto nazionale di lavoro per mettere fine ad un approccio ideologico che vuole, con differenti poteri d'acquisto e a parità di lavoro, la stessa remunerazione su tutto il territorio nazionale, a beneficio dei contratti d'impresa e o d'area.
Sono solo esempi peraltro molto generici, ma ce n'è abbastanza per un robusto programma d’azione. Se le imprese si facessero carico di cambiare l’ambiente sviluppando la “voice” prima della “exit” incentiverebbero non solo la circolazione delle risorse economiche ma anche una cultura in grado di mobilitare i “produttori” che insieme agli imprenditori creano valore.