OVERVIEW DEL LIBRO


Il libro è strutturato in due parti, la prima utile per inquadrare gli aspetti e le implicazioni teoriche a cui l’approccio proposto fa riferimento, la seconda per calare nella pratica quotidiana delle imprese gli aspetti salienti delle strategie di coevolutive e aiutare in questo modo le imprese che vogliono coevolvere a cogliere le quattro sfide proprie di questa scelta: quella del cambiamento continuo, della relazione con l’ambiente e il mercato, dell’intelligenza collettiva e della leadership.

Brain first, then action è il claim che racchiude questa scelta. Prima il pensiero e poi l’azione, prima la dotazione di senso e di significato, poi le attività. Sembra un ragionamento logico ma spesso nella realtà dei fatti l’azione è più veloce del pensiero e ciò determina danni alle organizzazioni e alle persone.

Qui di seguito, per i lettori che vogliono avere una veloce comprensione dei contenuti del libro, un breve abstract di ogni capitolo.

Prima parte – Brain first: Equilibri instabili in tempi incerti 

La prima parte, articolata in cinque capitoli, è dedicata al quadro teorico di riferimento dell’approccio coevolutivo, preliminare ai ragionamenti che intendo fare, sulle modalità con cui le imprese possono applicarlo nella loro vita reale. Per inquadrare l’approccio coevolutivo proposto in questo libro, nel primo capitolo tratto della complessità, intesa come dato “ontologico”, legata cioè agli elementi concreti da gestire e come dato percettivo: quella che viene intuita dal management. La complessità reale e percepita dal management è infatti la base da cui sono partita, una decina di anni fa quando alle prime avvisaglie della crisi, che ha cambiato radicalmente il nostro mondo di riferimento, mi sono interrogata sulle possibili soluzioni organizzative che permettessero di gestirla e, possibilmente di prevederne gli sviluppi. L’approccio coevolutivo che qui propongo in modo strutturato, è quindi il frutto di un percorso in cui, sistematicamente ho pensato e agito per verificare sul campo i concetti che mano a mano si delineavano e concretamente implementavo, nelle esperienze aziendali che come consulente ho fatto. I capitoli successivi si focalizzano sugli aspetti concernenti le modalità con cui la relazione di interscambio con l’ambiente si produce attraverso i confini organizzativi prima di proporre la questione della coevoluzione come cambiamento continuo e il canvas della strategia coevolutiva. In un certo qual modo ripercorrono i passaggi professionali degli ultimi dieci anni.

Capitolo 1 – L’organizzazione complessa. Nella prima parte del capitolo, l’obiettivo che mi pongo è di individuare le caratteristiche della complessità nel sistema organizzativo dell’impresa. Nella seconda parte sposto il focus dell’analisi sull’ambiente esterno come fattore di complessità per l’organizzazione. Le condizioni ambientali impongono dei vincoli all’organizzazione, vincoli istituzionali, culturali, economici e sociali che si traducono in fattori entropici che l’organizzazione internalizza e deve neutralizzare con le attività sintropiche. Per distinguere i diversi livelli di “invadenza” della complessità esterna propongo una classificazione dell’ambiente, che permette di circoscrivere gli ambiti dell’interazione ambiente-sistema organizzativo: l’ambiente in generale, l’ambiente organizzativo, l’ambiente managerializzato e quello operativo. Il primo è costituito da tutti gli attori e gli aspetti che circondano l’impresa, l’ambiente organizzativo (o di riferimento) è rappresentato da quegli elementi che possono condizionare la vita del sistema organizzativo d’impresa, all’interno del quale l’impresa può giocare un ruolo di attore mentre l’ambiente managerializzato e operativo definisce la parte di ambiente che il management vede e gestisce. La distinzione più importante è tra i due tipi di ambiente, quello organizzativo (o di riferimento) e quello managerializzato. Il primo è un ambiente allargato che definisce il campo dei vincoli e delle opportunità all’interno dei quali l’impresa vive anche quando il management non ne ha piena consapevolezza. Il secondo è invece quella parte di ambiente organizzativo della cui influenza il management è consapevole e per questo è l’ambiente con cui il management interloquisce attraverso le attività di scambio e sintropiche che trasformano l’entropia, che l’ambiente immette nella vita organizzativa dell’impresa, in energia positiva canalizzata verso i fini. Spesso si pensa che l’ambiente organizzativo sia circoscritto a quello di prossimità (culturale e/o geografico), in effetti non è così. L’ambiente organizzativo che descrivo è un ambiente allargato che delinea il campo delle combinazioni di interazione possibili mentre quello managerializzato è determinato dalla consapevolezza e dalla lettura che il management fa dell’ambiente di riferimento, quindi è delimitato dagli schemi cognitivi del management stesso, è quindi una costruzione cognitiva che si basa su un dato di realtà ma non necessariamente lo comprende tutto.

Capitolo 2 – Funamboli sul filo dei confini. Nel secondo capitolo concettualizzo l’organizzazione come delineata dallo spazio di confine che prende le forme delle relazioni di scambio tra l’ambiente organizzativo e il sistema aziendale; espongo le funzioni che i sotto-sistemi critici compiono per mantenere l’equilibrio organizzativo attraverso la differenziazione e la gestione delle attività espressive e funzionali. I funamboli del titolo di questo capitolo, sono gli attori dello spazio organizzativo che si devono destreggiare per restare in equilibrio sui confini, dentro e fuori l’organizzazione. Definisco in modo specifico i confini organizzativi, l’interfaccia con l’ambiente esterno e le modalità con cui le organizzazioni possono, attraverso i sottosistemi critici, creare un ponte con l’ambiente esterno che consenta di selezionare, stabilizzare e metabolizzare l’entropia introiettata trasformandola in energia positiva per i fini aziendali. Propongo una tassonomia dei confini organizzativi in funzione del livello di permeabilità, estensione e stabilità per descrivere la comunicazione tra i diversi spazi organizzativi: i confini cognitivi, atti a leggere l’ambiente organizzativo per renderlo il più possibile managerializzato, quelli esperienziali che stabilizzano le innovazioni e attraverso l’esperienza le rendono adatte al contesto specifico dell’impresa, quelli primari che racchiudono il nucleo del core business, che funge da attrattore degli elementi esterni. Nel modello proposto, il transito dei flussi entropici attraverso i confini, viene gestito dai punti sella, costituiti da un aggregato di sotto-sistemi critici omogenei. Nel loro agire i sotto-sistemi critici creano spazi a geometria variabile funzionanti come “camere di decantazione” in cui l’energia entropica viene manipolata e resa progressivamente compatibile con le esigenze del sistema organizzativo, attraverso le attività sintropiche di selezione –stabilizzazione - metabolizzazione. Il meccanismo tipico del processo descritto è quello della retro-azione che permette al sistema di diventare autopoietico, in quanto gli consente una certa stabilità e, attraverso l’internalizzazione di adeguati livelli di instabilità, di gestire le perturbazioni esterne.

Capitolo 3 – La Coevoluzione. Dopo aver analizzato il funzionamento interno all’impresa, teso a mantenere differenti livelli di equilibrio, nel terzo capitolo affronto la questione della coevoluzione con l’ambiente organizzativo che circonda l’impresa. La coevoluzione viene descritta e definita come il risultato di uno sforzo messo in atto dall’organizzazione dell’impresa per adattarsi e simultaneamente influenzare l’ambiente organizzativo esterno attraverso la mobilitazione di risorse, di framing cognitivi e di repertori di azione. Supero quindi il semplice concetto di equilibrio che può essere connesso a quello di adattamento, per sviluppare un ragionamento intorno al ruolo attivo dell’impresa che intende evolversi per sfruttare adeguatamente le opportunità determinate dall’evoluzione ambientale. Delineo in questo capitolo le caratteristiche della coevoluzione: specificità, reciprocità, simultaneità e attraversamento dei confini. La coevoluzione a cui guardo è una forma consapevole di “rispecchiamento” con l’ambiente organizzativo che si produce con attività finalizzate a far coevolvere l’impresa. L’azione coevolutiva si sedimenta attraverso strutture organizzative adeguate la cui funzione è quella di formalizzare i processi, modificare la cultura organizzativa e sedimentare le conoscenze prodotte dall’intelligenza individuale e collettiva nell’agire il processo coevolutivo. L’obiettivo strategico è quello di rendere il processo coevolutivo parte del modus operandi dell’organizzazione e della sua cultura organizzativa e non più un processo che gestisce eventi sporadici di cambiamento indotti dall’esterno o dalle innovazioni interne. Nel tentativo di sintetizzare le riflessioni dei capitoli precedenti, propongo una lettura dell’organizzazione composta da sistemi e sottosistemi, coordinati tra di loro, che racchiudono: lo spazio cognitivo che pervade tutta l’organizzazione come una rete neurale, lo spazio esperienziale in cui le persone agiscono concretamente le interazioni organizzative e il nucleo primario, o sotto-sistema attrattore, che definisce la distintività dell’organizzazione, una distintività “ontologica”. È l’essere agente che permette all’organizzazione di essere anche pensante ed è attraverso l’azione dei punti sella, che l’organizzazione agisce e pensa mettendo in relazione tutte le sue parti. Nel capitolo espongo da un lato, le modalità attraverso le quali i sotto-sistemi critici di confine con l’esterno operano, per creare le forme del rispecchiamento organizzazione-ambiente e, dall’altro lato le operatività che permettono il dialogo necessario ad internalizzare il cambiamento fino al nucleo, modificandolo e rendendolo compatibile con i fini organizzativi attraverso l’azione dei punti sella e dei sottosistemi critici.

Capitolo 4 – Forze motrici e resistenze:  Prima di affrontare il tema della strategia coevolutiva, che costituisce la piattaforma concettuale su cui innestare la seconda parte del libro dedicata all’azione, ho voluto aprire alcune riflessioni su due elementi fondamentali del processo coevolutivo: le resistenze al cambiamento del fattore umano e dell’organizzazione. Il desiderio di essere sintetica mi ha spinta a tradurre la propensione a coevolvere del fattore umano in un algoritmo che permette, all’organizzazione che intende coevolvere, la misurazione delle resistenze presenti tra collaboratori e manager, disaggregandole nelle diverse leve di gestione delle risorse umane. Per quanto riguarda le resistenze dell’organizzazione mi sono focalizzata sulle inerzialità organizzative e sulla recalcitranza dei mezzi d’azione prima di trattare della relazione tra l’istituzionalizzazione della cultura aziendale e il cambiamento. Poiché la cultura fornisce ai soggetti un quadro di riferimento utile per interpretare la propria esperienza e all’interno del quale collocare le aspettative reciproche, ho ipotizzato che una cultura istituzionale forte potrebbe rallentare la fase di start up del cambiamento coevolutivo mentre, quando le strategie coevolutive si consolidano e le forze favorevoli alla coevoluzione si affermano nei meccanismi di potere, un quadro istituzionale forte può essere d'aiuto. Tutto questo permette di individuare le condizioni favorevoli alla coevoluzione e quindi gli obiettivi che il management si deve dare per consentire alla propria organizzazione di cambiare in modo armonico con l’ambiente esterno.

Capitolo 5 – La strategia coevolutiva. La strategia coevolutiva è il frutto di come il processo coevolutivo si interseca con il progetto di coevolvere.
Il capitolo è suddiviso in tre macro parti: la prima dedicata a come la strategia coevolutiva si può articolare, ai principi di base e agli ingredienti per garantirne il successo. La seconda focalizzata sul canvas della coevoluzione, inteso come il rendering del processo coevolutivo, in cui presento tutti gli elementi che caratterizzano il processo coevolutivo: dalle fasi (esplorare, comprendere, selezionare e agire) ai poli di sviluppo (cognitivo ed esperienziale) fino alle specifiche aree di attività. Tre sono le road map esposte, attraverso le quali realizzare la gestione del processo coevolutivo: accentrata, decentrata e calibrata. La discriminante è costituita dal ruolo giocato dall’impresa nella gestione dello spazio comune, in relazione agli attori sociali con cui entra in relazione. La terza parte che tratta della strategia coevolutiva, ha come obiettivo l’individuazione delle modalità che permettono agli attori la creazione di campi sociali in cui sia possibile sperimentare la collaborazione reciproca. La gestione dello spazio comune si deve basare sulla consapevolezza che il controllo reciproco è la condizione indispensabile per evitare fenomeni di free riding. Solo in questo modo si può pensare ad una collaborazione tesa a perseguire gli obiettivi comuni, ricomponendo costantemente gli interessi dei diversi attori e i conflitti che ne discendono quando non sono adeguatamente ricondotti all’interno della strategia comune. Il quinto capitolo si chiude con le sfide che tutto questo comporta per l’impresa coevolutiva: la sfida del cambiamento continuo, della managerializzazione dell’ambiente organizzativo che contiene il mercato, dell’intelligenza collettiva e della leadership.


Seconda parte – Then Action: Le 4 sfide dell’impresa coevolutiva

La seconda parte è dedicata agli aspetti concreti di come le conoscenze, le idee e le suggestioni esposte nella prima parte del libro, possono atterrare nelle organizzazioni. Ha quindi l’obiettivo di andare in profondità nelle quattro sfide dell’impresa coevolutiva per definirle in modo specifico prima di individuare gli strumenti utili ad affrontarle con successo.

Capitolo 1 – Dal change al coevolution management. Passare dalla gestione del cambiamento a quella della coevoluzione impone una rivoluzione culturale: mentre nel change management ad un certo punto si può dire: “Ce l’abbiamo fatta, la lunga strada del cambiamento sta terminando, siamo fuori dal tunnel”, nel coevolution management non si arriva mai. Ma non è forse questa la condizione costante di tutte le organizzazioni? E il cambiamento che può dirsi finito non è forse una auto-illusione per riprendersi dalla stanchezza? Certamente anche nell’approccio coevolutivo ci sono momenti in cui il cambiamento si stabilizza ma sono proprio quelli i momenti utili per capire e integrare il campo strategico d’azione con nuovi interlocutori e quindi nuove sfide. In questo capitolo mi interrogo sulle modalità con cui il cambiamento coevolutivo si realizza e quali sono i fattori che lo possono agevolare o ostacolare. Per poter rendere solide le basi del problem setting e ancorarlo alla realtà delle imprese, in questo primo capitolo della seconda parte, ho utilizzato come sparring partner, i dati dell’indagine effettuata su un panel di 150 imprenditori e manager. I dati raccolti sono stati preziosi per capire la situazione delle imprese e, per avere idea, per quanto grossolane, di come le imprese in cui i rispondenti lavorano, si comportano organizzativamente di fronte alle questioni che la coevoluzione come approccio teorico pone. In questo capitolo presento la coevoluzione come una forma di cambiamento frutto di un processo consapevole che si basa su una strategia di anticipazione dei problemi più che su risposte a traumi o crisi. Un cambiamento di natura dinamica, la cui impronta è determinata dal potere degli attori del processo di start up e da coloro che li supportano nelle prime fasi. Ho chiamato questi soggetti che affiancano i ruoli apicali “blowers on the fire”. Sono infatti attori organizzativi che portano conoscenze e competenze diverse, che soffiano sul fuoco del cambiamento per farlo divampare, superando in questo modo le resistenze organizzative. Il tutto per individuare gli ingredienti di un progetto di cambiamento che trova la sua modellizzazione nella figura della “piramide dispiegata” e nella catena del valore dell’impresa coevolutiva. Le keywords del cambiamento coevolutivo sono sintetizzate nell’acronimo S.M.A.R.T.3C, un cambiamento Socio-sensibile, Meritocratico, Abilitante, Riflessivo e Trasformativo, potenziato al cubo perché è anche collettivo, condiviso e coevolutivo. S.M.A.R.T. 3C sarà il filo conduttore dei capitoli che seguiranno, caratterizzerà infatti sia l’approccio con il mercato, sia la produzione di intelligenza oltre che la leadership collettiva.  

Capitolo 2 – Managerializzare l’ambiente organizzativo per gestire il mercato. In questo capitolo sostengo che per coevolvere sia necessario definire un Campo Strategico d’Azione in cui siano presenti tutti gli attori (o la maggior parte degli attori) che con la loro azione influenzano la vita dell’impresa. Non solo tratto delle modalità con cui si possono rendere managerializzabili quote crescenti di ambiente organizzativo ma entro nel merito delle classiche questioni di chi si interessa di strategie nelle imprese sostenendo che il mercato è una variabile dipendente dall’ambiente organizzativo. Per questa ragione il mercato su cui si reperiscono le risorse necessarie e di sbocco, può essere compreso e concettualizzato solo se si ha contezza di cosa sia l’ambiente organizzativo che lo determina, dal punto di vista istituzionale, economico, culturale, tecnologico e sociale. Nel capitolo mi focalizzo anche su cosa significhi mettere al centro il cliente ed essere environment driven per implementare la catena del valore dell’impresa coevolutiva nella relazione con il mercato. Il modo con cui viene gestita la coevoluzione con l’ambiente organizzativo di riferimento è la fonte principale di differenziazione delle aziende, ho ritenuto quindi opportuno presentare anche alcuni strumenti che nella mia attività di consulente ho utilizzato con successo in alcune imprese illuminate, come ad esempio la matrice del campo strategico d’azione per la mappatura del contesto, il modello di consumo che individua tutte le leve per coevolvere con il cliente-consumatore-cittadino che cambia e Link, il cruscotto delle variabili dell’ambiente organizzativo che permette il controllo costante nel tempo del divenire dell’ambiente organizzativo e, attraverso l’analisi dei gap, dà all’impresa la possibilità di individuare le priorità su cui lavorare per coevolvere.

Capitolo 3 – L’intelligenza organizzativa in azione: innovare coevolvendo. Ci si chiede spesso perché sempre più si parla di intelligenza organizzativa, le imprese che sono giunte fino a noi probabilmente lo erano già intelligenti. È vero, l’intelligenza organizzativa non è una caratteristica dei giorni nostri ma oggi è necessaria più intelligenza perché il mondo è diventato più complesso e globalizzato. In questo capitolo mi limiterò a trattare di come l’organizzazione può e deve utilizzare le intelligenze multiple che sono presenti al proprio interno. Il punto di partenza è costituita dall’idea che per governare la complessità dell’ambiente organizzativo, di cui ho parlato nel primo capitolo, l’impresa deve adottare una varietà di comportamenti simile o superiore a quelli espressi dall’ambiente organizzativo con cui vuole interagire e per farlo ha bisogno di uno stock di intelligenza superiore. È nella produzione di intelligenza collettiva che gli spazi del sapere e dello sperimentare, si confrontano dialetticamente consolidando in apprendimenti il prodotto dei legami relazionali interni ed esterni. Il capitolo è ricco di suggestioni e suggerimenti per sostenere l’apprendimento organizzativo che sta alla base della costruzione dell’intelligenza collettiva e individua nella cultura e nel clima organizzativo i fattori fondamentali che abilitano l’innovazione, fenomeno intimamente connesso con l’intelligenza che una impresa è in grado di esprimere e con le attività sintropiche che sviluppa per gestire la complessità ambientale. Concludo il capitolo proponendo la metafora della galassia a spirale per descrivere le modalità con cui pensiero e azione si muovono in sinergia e in equilibrio con l’ambiente organizzativo per realizzare un processo coevolutivo in grado di sostenere apprendimenti costanti e progressivi e di consolidarli nelle prassi aziendali.

Capitolo 4 – La S.M.A.R.T. Leadership3C Nel quarto capitolo affronto la sfida della gestione del sistema organizzativo coevolutivo e propongo un modello di leadership collettiva che si basa sulla convinzione che ogni leader per quanto bravo, capace e carismatico, non sia in grado di gestire la complessità perché è “incompleto”. La leadership S.M.A.R.T. 3c si basa su un processo che ripensa il modo con cui si definiscono le funzioni di leading e managing, prima di parlare di stile di leadership e di management. Nel quarto e ultimo capitolo della seconda parte propongo un percorso per individuare come in una leadership collettiva e condivisa, le due componenti, quella del leading e quella del managing, debbano essere equamente distribuite nei ruoli per creare la riflessività necessaria ad una dialettica sana e costruttiva, in grado di contenere i fenomeni patologici della leadership e realizzare quelle attività di conduzione e di dotazione di senso. Nell’impresa coevolutiva si deve andare oltre il leader che guida e il manager che esegue, lo richiede il fatto che l’organizzazione per essere flessibile deve trovare nei diversi suoi gangli sia le funzioni di leading che di managing. Per questa ragione sostengo che è più importante focalizzarsi sul processo di selezione dei ruoli apicali e della loro formazione, di quanto non lo sia focalizzarsi sullo stile di leadership che è una variabile dipendente di molti fattori contingenti: organizzativi, produttivi, umani, tecnologici e culturali. Parlare dei ruoli apicali, per quanto collettivi, significa anche confrontarsi con la gestione del potere; questo vale per tutte le organizzazioni, anche per quella che intendono coevolvere.  Chiudo quindi il capitolo con un paragrafo dedicato alle modalità con cui le patologie del potere possono essere individuate e neutralizzate. Il vaccino esavalente, che neutralizza il virus del “gene egoista”, è composto da una pratica check list che permette di rilevare i KPI, utili all’individuazione delle patologie del potere organizzativo nelle organizzazioni aziendali e delle strategie più adatte per rendere la leadership collettiva efficace ed efficiente.

Alla fine del libro traggo alcune conclusioni per definire in estrema sintesi, come le key word di S.M.A.R.T.3C si declinano relativamente all’organizzazione, alla relazione con il mercato, all’intelligenza collettiva e alla leadership.



L’insegnamento che ho tratto nella lunga vita di consulente e nella scrittura del libro è che non esistono organizzazioni perfette, l’organizzazione si costruisce faticosamente giorno dopo giorno, è il frutto delle relazioni, della volontà finalizzata dei gruppi apicali e dei collaboratori, del lavoro di tutti. Ma è anche frutto del conflitto e di continue negoziazioni. Nell’organizzazione, soprattutto quando deve affrontare sfide non banali, si producono differenze di pensiero e d’azione che devono essere ricondotte alle finalità organizzative.

Avere in testa l’idea che la propria organizzazione possa e debba coevolvere aiuta a pensarsi in movimento, sollecita la flessibilità e la dinamicità, consente di lavorare nel presente con una idea in testa per il futuro e obbliga tutti a fare i conti con i risultati dei piccoli passi più che sollecitare aspettative rivoluzionarie che vengono sistematicamente tradite.

È in questo divenire che l’organizzazione si sottrae a tutte le teorie che tendono a razionalizzarla e a renderla il parto della mente ed è nel suo divenire che diventa distintiva e in grado di sviluppare strategie di differenziazione che la rendono unica.

L’organizzazione è un manufatto umano, prodotto più dal cuore che dalla mente e, in quanto tale, è imperfetta.

Il libro, soprattutto la prima parte, vuole sollecitare in questo grumo di sentimenti che è l’organizzazione, la parte razionale senza dimenticare che l’organizzazione non può vivere solo di razionalità ma la razionalità può permettere una migliore e più efficace canalizzazione dell’emozionalità che la permea.