L’ORGANIZZAZIONE
COMPLESSA
- Cosa
si intende nello specifico con il vocabolo “complessità” nel contesto
organizzativo?
È complesso un sistema organizzativo (ma anche un
oggetto/concetto/evento o situazione) di cui non riusciamo a descrivere in modo
univoco i contenuti specifici e le relazioni che legano gli elementi che lo
compongono e di questo se ne ha percezione. Nell’ottica dinamica un sistema
organizzativo si definisce complesso in riferimento alla difficoltà di
prevedere gli stati che esso può assumere in relazione al verificarsi di
determinati eventi.Dal punto di vista del management può essere considerata
complessa l’organizzazione caratterizzata da eventi e situazioni imprevedibili
rispetto ai tentativi di governarla.
- Quanto
incide la condizione ambientale nelle performance di un’impresa?
Il contesto
ambientale incide nelle performance dell’impresa in quanto determina il sistema
dei vincoli e delle opportunità con il quale il management entra in relazione.
I vincoli ambientali sono deboli e generali ed incidono in egual misura su
tutti i competitor presenti in un dato territorio.
Questo
significa che le leve della gestione della relazione stanno, in parte, nelle
mani del management e quindi il successo o l’insuccesso è determinato dalle
scelte operate piuttosto che dai vincoli ambientali. Sta anche nelle mani del
management la possibilità di scegliere un ambiente diverso quando quello in cui
l’impresa è inserita diviene troppo ostile. Foodora che chiude sul mercato italiano
non lo fa perché tale mercato non sia di interesse per il proprio business ma
perché l’imprevedibilità delle norme che vengono cambiate in itinere come ad
esempio il “Decreto Dignità” del Governo Lega-5Stelle, gli scioperi e
l’attacco, rende tutto molto instabile e poco programmabile.
- La libertà di scelta del
management non può venire limitata o annullata da date interferenze ambientali?
Il
management ha la possibilità di gradualizzare l’intensità e l’estensione delle
interferenze ambientali per proteggere la bubble organizzativa, utilizzando in
modo adeguato i confini. Questa libertà di scelta non viene limitata
dall’interferenza ambientale, piuttosto viene ridotta dalla ristrettezza degli
schemi cognitivi del management che non sempre gli permette di decodificare
correttamente le variabili ambientali che possono influenzare la vita
organizzativa. Per questa ragione il management si garantisce una maggiore
libertà di scegliere con cognizione di causa e di neutralizzare le interferenze
ambientali, allargando il proprio orizzonte cognitivo con una formazione
adeguata ma anche con l’utilizzo di strumenti in grado di rappresentare in modo
fedele l’ambiente organizzativo con cui si deve confrontare.
- Quali relazioni
caratterizzano il rapporto che l’organizzazione instaura con l’ambiente?
La relazione
che l’organizzazione instaura con l’ambiente può essere classificata in
funzione di due parametri: la possibilità da parte del management di gestire
gli eventi che vi si producono e la possibilità che le azioni manageriali hanno
di modificare l’impatto dei singoli eventi sulla vita dell’organizzazione.
Per questa
ragione la relazione organizzazione-ambiente può essere concettualizzata come
un continuum dall’opposizione ostile all’integrazione pro-attiva.
- Quanto sono estesi i
confini dell’ambiente organizzativo che influisce sull’impresa?
Per definire
l’ampiezza dei confini dell’ambiente organizzativo, quello che influisce
sull’impresa e ne determina le performance, si devono prendere in
considerazione due variabili strutturali: il mercato da cui l’impresa reperisce
le risorse (input) e il mercato di sbocco. È quindi uno spazio cognitivo e
materiale a geometria variabile. La globalizzazione ha ampliato enormemente lo
spazio dell’ambiente organizzativo, aumentando in questo modo il gap tra
ambiente organizzativo e ambiente managerializzato.
Non a caso
uno dei principali elementi di complessità è l’indeterminatezza causata da
fattori ambientali (dell’ambiente organizzativo) che il management non
percepisce, non concettualizza e quindi non gestisce in via preliminare ma solo
quando gli eventi che si producono impattano sulla vita dell’impresa.
FUNANBOLI SUL FILO DEI CONFINI
- È
possibile desensibilizzare l’organizzazione rispetto ai cambiamenti propri
dell’ambiente esterno?
Non è possibile desensibilizzare
l’organizzazione. I cambiamenti propri dell’ambiente che la circonda entrano
attraverso le persone, i bisogni e le aspettative dei clienti e dei
consumatori, la reputazione e tanti altri aspetti. Piuttosto è bene chiedersi
quanto del cambiamento che avviene nell’ambiente possa essere internalizzato,
sia in termini di quantità, sia in termini di velocità. Introiettare il
cambiamento può essere non solo una questione di sopravvivenza, ma
un’opportunità per comprendere e gestire meglio il mercato e il cliente oltre
che i collaboratori.
Il management ha in mano le leve
per gradualizzare l’impatto del cambiamento sul core business, sia in termini
di entità, sia in termini di velocità.
- Quali aspetti dell’ambiente
“cercano” di entrare nei confini organizzativi?
Non è esatto pensare agli aspetti
ambientali come dotati di volontà: la metafora dell’ambiente che bussa serve
per comprendere da un lato come le ontologie invisibili dell’ambiente che
circonda l’impresa possono divenire talmente pressanti da “invaderla”
mettendone in discussione la finalizzazione e, dall’altro lato, rende bene
l’idea del management che può aprire o meno la porta per lasciar passare le
componenti ambientali che possono essere utili all’impresa, trasformando in
questo modo l’entropia in energia positiva canalizzabile verso i fini aziendali
se adeguatamente trattata.
Il core business funziona come un
attrattore, per questo possiamo ipotizzare che gli aspetti che possono entrare
nei confini organizzativi siano quelli afferenti all’ambiente di riferimento,
interconnessi quindi al core business.
- Chi è preposto ad intervenire sui fenomeni entropici
che provengono dall’esterno?
Il processo di bilanciamento tra
l’entropia e le attività sintropiche è rappresentato da atti volitivi del
management, per questa ragione sondecision maker aziendali che hanno in carico
la gestione del processo. L’ipotesi formulata è che lo possano fare attraverso
un’accorta gestione dei confini organizzativi, che permetta l’internalizzazione
dell’entropia gestibile dal sistema aziendale e la predisposizione di adeguati
sistemi di forecast che consentono il monitoraggio dei cambiamenti ambientali.
Lo scambio del flusso di
informazioni, dati e beni tra i confini organizzativi avviene attraverso quelli
che ho chiamato “punti sella”, costituiti dai sottosistemi critici. I
sottosistemi critici che svolgono il ruolo di selettori, stabilizzatori e
metabolizzatori fanno entrare nell’impresa gli aspetti entropici scegliendo
quelli che possono essere trasformati in energia positiva, e in questo modo
creano valore.
- Come avviene la trasformazione dei fenomeni entropici
in energia positiva che possa costituire valore per l’impresa?
L’organizzazione deve essere in
grado in primis di distinguere ciò che è utile e ciò che è nocivo rispetto al
fine che si pone: le attività sintropiche sono finalizzate e guardano al
futuro. Per fare questo è necessario che l’organizzazione si doti di sottosistemi
critici che consentano al sistema di auto-organizzarsi bilanciando l’entropia e
la sintropia per creare progressivi stati di equilibrio. L’organizzazione in pratica
compensa le perturbazioni esterne internalizzando adeguati livelli di
instabilità. Questo processo avviene attraverso i confini organizzativi che
attraverso i sottosistemi critici selezionano, stabilizzano e metabolizzano gli
elementi entropici rendendoli compatibili con il fine dell’impresa.
- Quali sono le attività importanti da compiere per
mantenere l’equilibrio?
Due sono le macro aree di lavoro
che un’organizzazione aziendale deve tenere sotto controllo per mantenersi in
equilibrio: la differenziazione e la produzione di attività funzionali e
espressive.
La competizione rende necessaria
la differenziazione, poiché un ambiente organizzativo sostiene i sistemi più
efficienti in relazione ai propri fini. La differenziazione a cui io guardo
come fattore di equilibrio è quella degli schemi cognitivi e delle esperienze
che permettono ad un’organizzazione di essere unica.
LA
COEVOLUZIONE
- Perché
un sistema organizzativo d’impresa dovrebbe coevolvere con l’ambiente
organizzativo di riferimento?
Gli
obiettivi che le imprese si pongono quando in modo più o meno esplicito
perseguono la coevoluzione con l’ambiente organizzativo sono da un lato quello
di individuare nuove opportunità (Exploration), dall’altro lato lo sfruttare al
meglio l’esistente e superare pratiche obsolete (Exploitation). Nella
scelta coevolutiva vi è però una terza ragione per cui il management sceglie di
coevolvere con l’ambiente organizzativo: rendere più prevedibili i cambiamenti
che in un mondo para-caotico arrivano in grande velocità e incidono sulla vita
dell’impresa stessa.
- Tutti
i cambiamenti sono coevolutivi? Che differenza c’è tra un cambiamento non
coevolutivo e un cambiamento coevolutivo?
Non tutti i cambiamenti
organizzativi sono coevolutivi. L’elemento discriminante è costituito dal fatto
che il cambiamento coevolutivo impone una sincronizzazione della velocità e
della finalizzazione con attori esterni sui quali il principio del potere
organizzativo non è equivalente a quello interno all’azienda. Il cambiamento
prodotto dall’azione coevolutiva si caratterizza per essere specifico,
reciproco e simultaneo e coinvolgere non solo l’interno ma anche l’esterno
dell’organizzazione.
Tra le tante modalità con cui il
processo coevolutivo viene gestito mi sono focalizzata su quella che ho
definito del “rispecchiamento organizzativo”, che contiene in sé sia le forme
di evoluzione che si basano sull’apprendimento adattivo/imitativo, sia quelle
dell’innovazione incrementale/radicale.
- Tecnicamente come funziona
il meccanismo della coevoluzione?
Per comprendere le modalità
attraverso le quali l’impresa coevolve con l’ambiente organizzativo invito a
concettualizzare l’impresa come una sfera, la cui superficie è rappresentata da
una rete neurale che racchiude tutto il sistema e che si interfaccia con
l’esterno. Sulla superficie si trovano i terminali delle strutture preposte
alla coevoluzione, quelle che si interfacciano con aspetti specifici
dell’ambiente esterno. Ho definito questa parte dell’organizzazione lo spazio
cognitivo. Internamente, mano a mano si scende verso il nucleo, troviamo i
sottosistemi dello spazio esperienziale e del nucleo. Le strutture presenti nel
sistema di primo grado sono quelle che interfacciandosi con l’ambiente esterno
producono le attività che coinvolgono gli interlocutori dell’ambiente
organizzativo, in un certo qual modo sono come degli uncini che estendono
l’attività organizzativa all’esterno e, agganciando l’ambiente attraverso
l’interazione, si muovono in sintonia.
- Come
è possibile coevolvere senza perdere la propria identità?
Differenziazione è il vocabolo
che aiuta a mettere insieme la coevoluzione con l’esigenza di mantenere nel
tempo la propria identità. Per questo le strategie coevolutive fanno coevolvere
anche la dimensione identitaria che si baserà sulla distintività degli schemi
cognitivi, dell’esperienza e solo in ultima istanza dell’output inteso come
prodotto/servizio e solo marginalmente sulle azioni dei leader o della
tradizione.
- Le imprese che non
coevolvono sono destinate a morire?
Posto che la coevoluzione così
come è stata intesa ha una componente forte di consapevolezza e di
istituzionalizzazione mentre vi possono essere imprese che coevolvono in modo
implicito senza esserne consapevoli, soprattutto quando sono guidate
dall’imprenditore/imprenditrice che in modo quasi “sensitivo” stabilisce un
equilibrio cogliendo le opportunità ambientali, le aziende che non coevolvono
con l’ambiente di riferimento sono destinate ad un progressivo declino e alla
morte. Esempi eclatanti di aziende che
non sono state in grado di coevolvere e hanno cercato di “politicizzare” la
loro incapacità di coevolvere con il settore in fase di forte cambiamento sono
sotto gli occhi di tutti, Alitalia in primis, così come la stampa ha dato largo
spazio ad esempi concreti di coevoluzione frutto anche di scelte e ripensamenti
organizzativi radicali come Poste Italiane, Coop Alleanza 3.0, A2A, Metro
Italia, e tante altre ancora. Si può sostenere che non tutte le imprese che coevolvono
sopravvivono ma certamente quelle che non coevolvono in modo più o meno
consapevole, sono destinate a fallire.